lunedì 7 aprile 2014

Bicameralismo perfetto: Errore democratico?!




Il bicameralismo è davvero un errore?

“La tirannia del principe in un’oligarchia
non è così pericolosa per il bene pubblico
come l’apatia del cittadino in una democrazia”
Montesquieu


            Renzi ha già decretato: il Senato va abolito. Per carità, ogni opinione è lecita e non è stato certo il neo segretario del PD  il primo a parlare di abolizione del Senato, ma in  una democrazia matura un leader politico dovrebbe anche spiegare i pro e i contro di tale drastica decisione, e non limitarsi a giustificare la scelta con slogan propagandistici basati sull’esigenza di tagliare i costi della politica.
A fare sponda al sindaco di Firenze era stato addirittura l’ex Presidente del Consiglio Enrico Letta, che un po’ di tempo fa aveva dichiarato: “Il bicameralismo perfetto è una follia”. Ma il bicameralismo perfetto è davvero un errore dei padri costituenti?
            La presenza di due assemblee elettive a cui è demandato il potere legislativo non è una prerogativa dell’Italia, essendo il bicameralismo la forma adottata da quasi tutte le nazioni occidentali, anche se la norma è il bicameralismo imperfetto, in cui una camera (generalmente la camera alta) ha la funzione di esaminare più a fondo le proposte di legge e approvare o rifiutare le decisioni della camera bassa; per quanto riguarda gli stati federali invece la divisione dei potere è netta: una camera (camera alta) rappresenta gli interessi federali, mentre l’altra camera (camera bassa) quelli nazionali.         
            E’ invece una invenzione tutta italiana il bicameralismo perfetto. I Costituenti, infatti , dato che la Repubblica era sorta dopo il periodo di autoritarismo del fascismo, decisero di adottare questo sistema in quanto garanzia di un più sicuro funzionamento democratico dell’iter legislativo.
            Il legislatore, d’altra parte, tentò di diversificare almeno in parte le due assemblee, che risultavano altrimenti essere identiche, in primo luogo con una legge elettorale diversa per le due camere, usando il sistema proporzionale alla Camera, e i collegi uninominali al Senato, ed in secondo luogo con una differente durata in carica delle due assemblee: 5 anni per la Camera e 6 per il Senato.
            In realtà l’unica differenza fra i due rami del parlamento è quella rimasta fino ad oggi, ovvero la diversa età per l’elettorato passivo e attivo e il numero dei parlamentari; la legge elettorale, sebbene basata su collegi uninominali aveva un impianto proporzionale e risultava di fatto omogenea con quella della Camera, e nel 1963 fu  ridotta la durata in carica del senato da sei a cinque anni.
            Pur tuttavia l’immobilismo legislativo  vissuto in questi ultimi anni è frutto più che altro della legge elettorale approvata nel 2005.    Infatti il Porcellum,  recentemente dichiarato incostituzionale, a causa dei differenti premi di maggioranza previsti ha prodotto come risultato diverse maggioranze in Senato e alla Camera con la conseguente paralisi del potere legislativo.
            Parliamoci chiaro,  è evidente che il bicameralismo perfetto rende il processo legislativo più lento è macchinoso: i disegni di legge vengono discussi, emendati e approvati da un ramo del parlamento, quindi passano all’altro ramo che può approvarli in via definitiva solo senza modificazioni; in caso contrario il tutto dovrà tornare nuovamente al ramo del parlamento che lo ha discusso per primo.
            D’altra parte però,  il bicameralismo perfetto ha l’innegabile vantaggio di garantire una maggiore elaborazione e ponderazione delle decisioni e di conseguenza maggior cautela nell’approvazione delle leggi; senza parlare della possibilità, durante la cosiddetta navetta, di coinvolgere direttamente l’opinione pubblica su determinate questioni molto controverse.
            Prendiamo un esempio di stretta attualità: viene naturale chiedersi quale sorte avrebbe avuto l’emendamento capestro sugli gli enti locali “no slot” in assenza dei due rami del parlamento e la possibilità di porre rimedio alla Camera su ciò che incautamente era stato approvato dal Senato.
            Pertanto, per quanto il processo decisionale nel bicameralismo perfetto sacrifichi la celerità arrivando a volte anche a creare veri e propri ingorghi legislativi e conflitti di attribuzione, pur tuttavia consente di porre rimedio a leggi sviluppate male, frettolosamente e, come capitato con l’emendamento pro gioco d’azzardo, in totale contrasto con l’opinione pubblica.
            Abbiamo quindi una classe politica così matura e indipendente da rinunciare tranquillamente al bicameralismo perfetto? Lascio ad ognuno di voi la risposta a tale quesito.

Cosimo Pagliara
           



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